ARTICOLI

La riqualificazione energetica degli edifici: un contributo certo dalla home and building automation

Il Parlamento Europeo ha approvato il 14 marzo scorso, in prima lettura, la riforma della direttiva europea sulle prestazioni energetiche degli edifici (EPBD-Energy Performance of Building Directive)

La nuova direttiva, va detto, non è cogente, perché la sua approvazione da parte del Parlamento avvia semplicemente la fase di concertazione col Consiglio Europeo con un esito non scontato, dal momento che molti Paesi hanno avanzato riserve, tra i quali l’Italia, dove si è parlato persino di “patrimoniale occulta” a danno dei proprietari di immobili.
Ma cosa prevede la direttiva europea sulle case green?

La Direttiva dell’Unione Europea, oltre ad obbligare (dove possibile) all’installazione di pannelli fotovoltaici per l’autoproduzione di energia in tutti gli edifici di nuova costruzione, pone l’obiettivo che entro il 2030 tutto il patrimonio immobiliare debba essere almeno in classe E ed entro il 2033 almeno in classe D, coinvolgendo, quindi, in linea di principio, circa 7 milioni di edifici in Italia.

In realtà, numerosi commentatori hanno evidenziato subito che i numeri sono molto diversi e tutt’altro che certi, a partire dal fatto che i dati sugli APE (attestati di prestazione energetica) in Italia sono molto parziali e spesso obsoleti e che quindi manca, tanto per cominciare, il dato di partenza. A questo dato poi, occorrerebbe togliere tutto ciò che la Direttiva Europea consente di esentare, ovvero gli alloggi sociali di proprietà pubblica, gli edifici vincolati, le seconde case se utilizzate meno di 4 mesi all’anno e ancora tutti gli immobili autonomi di superficie inferiore ai 50 mq. Come se non bastasse la Direttiva prevede anche una flessibilità nell’attuazione che consente ad ogni Stato di sottrarre al computo il 22% di tutti gli edifici residenziali e ancora di procrastinare la scadenza del 2030 al 2037 alla luce di comprovate impossibilità.

Rifatti i conti, è ANCE a dirci che la prima fase dovrebbe riguardare al massimo 1,8 milioni di edifici, al 50% condomini e il rimanente case unifamiliari. Un numero sempre importante e tuttavia già più ragionevole che, in ottica di pianificazione, corrisponderebbe a circa 250 mila interventi all’anno per i sette anni che ci separano dal 2030 (ma molti meno se procrastinassimo la scadenza al 2037), dei quali 125 mila più semplici, in quanto riferiti, appunto, a case unifamiliari.

Nel novero delle simulazioni fatte in occasione dell’approvazione della direttiva, molti si sono lanciati ad ipotizzare costi e tipologie di interventi, cadendo come di consueto nella classica litania di: “caldaia, infissi, cappotti”; senza tenere in minima considerazione l’apporto tutt’altro che trascurabile che un sistema di monitoraggio e gestione dei consumi energetici e di automazione d’edificio può garantire.

Al riguardo sarà utile quindi ricordare a tutti, ancora una volta, che esiste da tempo la norma UNI EN 15232,
recentemente modificata nella ISO 52120, che classifica le funzioni di controllo degli impianti tecnici degli edifici e costituisce la base di partenza per la loro implementazione e per stimarne l’impatto sulle prestazioni energetiche.
I sistemi di efficienza energetica attiva, quali i sistemi di automazione e controllo degli edifici, hanno, infatti, la funzione di massimizzare l’efficienza energetica degli impianti tecnici dell’edificio in relazione alle condizioni ambientali esterne e ai differenti profili di utilizzo e occupazione dei singoli ambienti.
Il contributo che queste tecnologie sono in grado di assicurare nel mix di interventi utili ad efficientare un edificio sotto il profilo energetico è notevole, assicurando risparmi che, stando alle tabelle della UNI 15232, possono ammontare in ambito residenziale anche al 26% sul dato di partenza.

Questo per affermare semplicemente che un proprietario di immobile posto di fronte all’esigenza di ridurre le
emissioni del suo edificio sulla base delle priorità indicate correttamente dalla Comunità Europea, ha di fronte un insieme di soluzioni ben più ampio di quanto normalmente si creda e con costi e impatti molto differenti, a partire proprio dai sistemi di automazione e controllo che possono avvicinare di molto l’obiettivo da raggiungere.