EPBD è una sigla non molto familiare al grande pubblico ma è un acronimo che, in campo specialistico, e, di riflesso, politico, evoca speranze ma anche timori sul futuro del mercato immobiliare e delle attività edilizie ad esso legate. EPBD sta infatti per “Energy Performance of Buildings Directive”, un provvedimento approvato dal Parlamento Europeo, più volte aggiornato nelle ultime due decadi, che riguarda il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici nei paesi della Comunità Europea, la cui revisione è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’UE in data 8 maggio (Direttiva UE 2024/1275).
La citata revisione, su proposta della Commissione Europea, è cosa di estrema attualità, risalendo allo scorso 12 marzo e andando a costituire un pilastro fondamentale della politica energetica dell’Unione Europea.
Le principali disposizioni della nuova direttiva delineano obiettivi ambiziosi, identificando un percorso che deve portare entro il 2050 ad avere un parco edilizio con un’impronta energetica neutra, ovvero costituito da edifici sostanzialmente ZEB (Zero Energy Building). La parte più cospicua del provvedimento riguarda, ovviamente, la conversione green del patrimonio edilizio esistente, che costituisce anche il problema di più ardua soluzione considerata la sua obsolescenza.
I numeri da cui la Commissione Europea ha preso le mosse per la proposta approvata dal Parlamento sono inequivocabili: gli edifici sono responsabili di circa il 40% del consumo energetico totale dei Paesi dell’Unione e del 36% dell’emissione dei gas serra. All’incirca l’80% dell’energia impiegata nelle abitazioni dell’Unione è utilizzata per il riscaldamento, il raffrescamento e la produzione di acqua calda. L’85% degli edifici sul territorio dell’Unione, inoltre, è stato costruito prima dell’anno 2000, ed il 75% di questi ha prestazioni energetiche disastrose (fonti: Eurostat, Energy balances and EEA Greenhouse Gas Inventory, 2023). Dati che sono ampiamente sufficienti per giustificare l’approvazione dell’EPBD come provvedimento indispensabile al fine di raggiungere gli obiettivi generali di decarbonizzazione delineati nel New Green Deal per contrastare il riscaldamento globale.
Vediamo ora alcuni dei pilastri su cui si basa la direttiva europea e che deve tradursi in tempi stretti in altrettanti provvedimenti di recepimento da parte di tutti i Paesi membri, compresa l’Italia.
Una parte rilevante della nuova direttiva riguarda, come si diceva, i limiti alle emissioni di gas climalteranti degli edifici: le nuove costruzioni, per esempio, dovranno essere ad “emissioni zero” entro il 2030, data che viene addirittura anticipata al 2028 per gli edifici pubblici; non solo, ma l’intero processo costruttivo dovrà essere oggetto di attenta valutazione, con una stima preventiva del potenziale impatto che l’edificio ed il materiale utilizzato per la sua costruzione possono avere sul clima, considerando l’intero ciclo di vita dell’edificio stesso.
Passando al patrimonio edilizio esistente, gli stati membri dovranno introdurre misure di contenimento dei consumi energetici tali da determinare una riduzione della domanda di energia primaria del 16% entro il 2030, e dal 20 al 22% entro il 2035.
La direttiva, a seguito di una forte attività di mediazione tra posizioni distanti, ha senz’altro indicato con chiarezza gli obiettivi da raggiungere a tutti gli Stati membri, ma ha anche introdotto la clausola della cosiddetta “sostenibilità” tecnica ed economia degli interventi, che tuttavia si pone come “eccezione alla regola” e, per essere adottata, dovrà essere oggetto di negoziazione tra lo Stato membro e la Commissione.
Nel dettaglio, gli Stati membri dovranno installare impianti fotovoltaici secondo una scaletta che prevede l’obbligatorietà per gli edifici pubblici e non residenziali nuovi (>250 m2) dal 2027; per gli edifici non residenziali soggetti a «ristrutturazione profonda» (>500 m2) dal 2028; per gli edifici pubblici esistenti (con approccio graduale dipendente dalla dimensione) dal 2028 al 2031; e infine per gli edifici residenziali nuovi e parcheggi coperti vicini a edifici dal 2030.
Ma dovranno anche adottare misure orientate alla decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento, con il target finale di escludere completamente i combustibili fossili entro il 2040. L’EPBD prevede al riguardo che i sistemi ibridi siano ancora incentivabili ma soltanto a patto che utilizzino per la produzione di energia fonti rinnovabili.
Tra gli altri interventi di rilevo della direttiva europea vanno senz’altro segnalati anche quelli inerenti i sistemi BACS (Building Automation and Controls Systems) e lo Smart Readiness Indicator. Per quanto concerne i BACS dal 2030 se ne estende l’uso per gli edifici non residenziali con impianti di potenza inferiore a 70kW, mentre diventano obbligatori anche per gli edifici residenziali di nuova costruzione o ristrutturazione profonda dalla data di recepimento della Direttiva a livello nazionale. Per l’SRI, infine, da luglio 2027 l’uso diventa obbligatorio negli edifici non residenziali con impianti con potenza superiore ai 290 kW.
La direttiva è stata adottata dal Parlamento Europeo con 370 voti favorevoli e 199 contrari, 46 le astensioni, ed è stata infine ratificata dall’Ecofin, ovvero dal Consiglio dei ministri dei Paesi membri, che dovranno adottare norme opportune per raggiungere gli obiettivi indicati.
L’Italia, come Paese membro dell’Unione Europea, è tenuta a recepire la Direttiva EPBD nella sua legislazione nazionale. L’ultimo recepimento a livello nazionale di una revisione della direttiva EPBD fu effettuato con il Dlgs 48/2020. Tra le cose più rilevanti da ricordare in esso: l’introduzione di una metodologia per il calcolo del livello di prestazione energetica di tutti gli edifici, il rilascio dell’attestazione di prestazione energetica, la progettazione dei sistemi energetici effettuata in fase di costruzione o ristrutturazione, la codifica di tutte le attività connesse ai processi di certificazione in ambito energetico, e, ultimo ma non meno importante, la richiesta di professionalità specifiche in tema di gestione e progettazione energetica.
Appare evidente come il recepimento della nuova direttiva EPBD in Italia avrà ricadute molto importanti sia in termini di politica energetica che per l’intero settore edilizio, compreso, non da ultimo, il mercato immobiliare. Già ora, infatti, gli analisti del settore stanno rilevando una forbice in forte allargamento tra il mercato degli edifici NZEB (Nearly Zero Energy Building) e quelli meno performanti. Il rischio, noto, è che una fetta importante del patrimonio edilizio nazionale, notoriamente in mano a piccoli proprietari, in mancanza di interventi in grado di migliorarne le prestazioni, subisca una forte svalutazione con un impatto pesante sulla patrimonializzazione delle famiglie italiane.
Il recepimento a livello nazionale della direttiva EPBD dovrà quindi sicuramente essere accompagnato da provvedimenti di natura fiscale in grado di favorire l’intervento privato, sostenendolo, e, in casi particolari, anche sostituendolo. Un tema incandescente per le finanze nazionali, già provate dall’applicazione del Superbonus, che dovrà essere auspicabilmente sostituito da quei provvedimenti “sostenibili” di medio lungo termine, richiesti a gran voce da tempo da tutti gli stakeholder della filiera, perché quello che oggi sembra un problema possa trasformarsi in una straordinaria opportunità per il Paese.