5/11/2024
La transizione energetica avviata dalla Direttiva Europea sulle Case Green (EPBD4) spinge fortemente verso una massiccia elettrificazione degli impianti degli edifici sia residenziali che ad uso terziario. Ma siamo pronti per mettere a terra (è il caso di dirlo!) questa rivoluzione epocale?
Lasciando perdere le sterili contrapposizioni tra chi mira a frenare e chi viceversa vorrebbe spingere per accelerare questo passaggio, ci sono alcuni dati oggettivi che devono entrare nell’agenda dei decisori e che non possono più essere sottaciuti.
Il primo, ed è in buona parte noto, è che la rete elettrica nazionale, oltre a scontare una notevole obsolescenza, risulta di fatto non idonea a supportare un cambio di paradigma che mette assieme aumento tendenziale dei consumi e avvento di una nuova architettura di rete basata sull’autoproduzione e l’autoconsumo, anche su base collettiva (CER). Per questo serviranno investimenti importanti che competono ai gestori della rete e, in ultima analisi, allo Stato che detiene la maggioranza di Terna attraverso la Cassa Depositi e Prestiti.
Ma c’è un altro aspetto che per ora sfugge ai più, e riguarda tutti noi, dal momento che riguarda le nostre abitazioni e i nostri uffici, ovvero l’inadeguatezza e la vetustà degli impianti di distribuzione interni; anch’essi del tutto inadatti a supportare questo cambiamento.
Quest’ultimo aspetto è stato più volte sottolineato da Prosiel, l’Associazione che dal 2000 si propone di promuovere la sicurezza elettrica nel nostro Paese e che ha operato capillarmente sul territorio con il programma di sensibilizzazione “La Casa Si Cura”. A Prosiel si deve la realizzazione di un interessante libro bianco commissionato all’Istituto Piepoli, che evidenzia la scarsa consapevolezza degli italiani in materia di sicurezza elettrica. Dallo studio risulta, per esempio, che oltre i 2/3 del totale delle abitazioni non rispettano la legislazione sulla sicurezza elettrica; che il 13% delle abitazioni risulta esposto al rischio di incendio per motivi elettrici; che il 52% degli impianti elettrici è a rischio fulminazione per la presenza di componenti elettrici danneggiati o deteriorati; e, infine, che nel 18% dei casi non è installato l’interruttore differenziale. Questo allo stato delle cose, ma considerato l’inevitabile aumento di richiesta di energia, si tratta di un dato che non può che peggiorare.
Cosa fare? Per rimanere alle cose semplici: da tempo ANIE-CSI promuove l’adozione volontaria del cosiddetto “Libretto d’impianto elettrico”, che costituisce un ausilio fondamentale per la manutenzione ordinaria, straordinaria ed evolutiva degli impianti; logica vorrebbe che in questa fase la sua adozione diventasse un obbligo per tutti i proprietari di immobili. La manutenzione degli impianti elettrici, infatti, è un aspetto cruciale per garantire la sicurezza, l’efficienza e la longevità delle infrastrutture elettriche. In Italia, come in altri paesi, una cattiva manutenzione può infatti comportare gravi rischi, non solo per la sicurezza degli utenti ma anche per l’integrità degli edifici e dell’ambiente.
Uno dei rischi più gravi legati alla cattiva manutenzione degli impianti elettrici è il rischio di incendi. Cortocircuiti, surriscaldamenti e guasti possono scatenare incendi che, in caso di assenza di un sistema di rilevamento e di estinzione adeguati, possono propagarsi rapidamente. Secondo i dati dei Vigili del Fuoco, molti incendi in Italia hanno proprio origine elettrica. La manutenzione regolare e il rispetto delle normative vigenti possono ridurre significativamente questo rischio.
Un altro grave rischio è rappresentato dall’elettrocuzione. Installazioni obsolete o malfunzionanti possono esporre le persone a scariche elettriche, con esiti potenzialmente letali. La normativa italiana, attraverso il Decreto Legislativo 81/2008, stabilisce obblighi specifici per garantire la sicurezza degli impianti e la protezione dei lavoratori. Tuttavia, una mancanza di attenzione nella manutenzione può portare a situazioni di rischio a causa di dispositivi di sicurezza malfunzionanti.
Infine, un dato quasi mai evidenziato, è che la manutenzione inadeguata non si traduce solo in rischi fisici, ma comporta anche costi economici elevati. Quando un impianto elettrico si guasta, le riparazioni possono essere costose e richiedere un lungo tempo di inattività. Le interruzioni di servizio, oltretutto, influiscono sull’attività economica e sulla vita quotidiana. Le aziende, in particolare, possono subire danni economici significativi a causa di interruzioni non programmate, oltre a veder compromessa la loro reputazione. Investire in una manutenzione preventiva, anche se comporta un costo iniziale, è quindi una strategia migliore nel lungo periodo, poiché evita spese maggiori e potenziali perdite legate a incidenti.
Con uno scenario evolutivo che prevede nel medio lungo termine consumi di elettricità in forte aumento, investire sulle infrastrutture strategiche, ma anche su quelle d’edificio, diventa quindi una priorità e la sensibilizzazione a conoscere il proprio impianto di casa e a prevederne il controllo periodico dovrebbe entrare, senza dubbio, tra gli indirizzi delle norme attuative della EPBD IV che il Governo dovrà recepire entro il 2026.